La Via Francigena in Sicilia

Storia – Medioevo

Durante l’Alto Medioevo, intorno al VII secolo, i Longobardi e i Bizantini si contendevano il controllo del territorio italiano. Per ragioni strategiche, si decise di collegare il Regno di Pavia ai ducati meridionali attraverso un percorso più sicuro. Questa necessità portò all’identificazione di un itinerario considerato secondario fino ad allora, che attraversava l’Appennino presso l’attuale Passo della Cisa. Dopo aver superato la Valle del Magra, la via si distaccava dalla costa in direzione di Lucca. Da qui, evitando le zone controllate dai Bizantini, il percorso continuava attraverso la Valle dell’Elsa fino a Siena, per poi procedere lungo le valli dell’Arbia e dell’Orcia, arrivando infine alla Val di Paglia e al territorio laziale, dove si congiungeva con l’antica Via Cassia che portava a Roma. Conosciuto come “Via di Monte Bardone”, dal nome originario del Passo della Cisa (Mons Langobardorum), questo percorso non costituiva una vera e propria strada né secondo gli standard romani né tantomeno secondo quelli moderni. Infatti, dopo la caduta dell’impero romano, le antiche strade consolari furono abbandonate e, eccezion fatta per alcuni casi fortunati, caddero in rovina, “rupte”. Da quel periodo risale l’utilizzo del termine “rotta” per indicare la direzione da seguire.


Vie francigene di Sicilia

Magna via Francigena Da Palermo ad Agrigento

Il diploma del 1096, originariamente scritto in greco come “Ten odon, ten megalen ten Fragkikon tou Kastronobou”, è stato successivamente tradotto in latino come “Magna Via Francigena®”. Questo documento rivela l’importanza di una lunga strada che collega Agrigento a Palermo, passando per le Madonie a Corleone e Castronovo di Sicilia. Nel corso dei secoli, il controllo del territorio significava anche il controllo delle vie di comunicazione, dei ponti e dei luoghi di pedaggio. Nomi diversi si sono sovrapposti alla Magna Via nel tempo, testimonianza dei vari popoli che l’hanno percorsa. Dai Romani che con Aurelio Cotta resero agevole il cammino verso Panormus, ai Bizantini che la chiamarono “odos basiliké”, la strada reale, passando per il dominio musulmano che la rese importante anche per gli eserciti. I Normanni, dopo aver scacciato i Musulmani e convertito la popolazione al cristianesimo, costruirono chiese lungo il percorso. Solo con i diplomi del 1096, tradotti durante la corte sveva di Costanza d’Altavilla, si inizia a parlare della Magna Via Francigena a Castronovo.

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La strada

I viandanti dell’antica Roma hanno progressivamente abbandonato i selciati romani per seguirne tracce e sentieri, che si allargavano e convergevano presso centri abitati o luoghi di sosta notturna. Questi percorsi, più che strade vere e proprie, erano delle “aree di strada” soggette a variazioni dovute a fenomeni naturali come frane, cambiamenti nei confini territoriali e tasse richieste, o a causa della presenza di briganti. Le strade erano lastricate solo quando attraversavano i centri abitati, altrimenti erano semplici percorsi di terra battuta. Perciò, è evidente che oggi sarebbe impossibile tracciare con precisione la Via Francigena “originale”, poiché essa non è mai esistita come tale: invece, ha senso individuare le principali tappe e i luoghi visitati dai viandanti lungo il percorso.

La via Francigena

La strada nota come Via di Monte Bardone modificò il suo nome in Via Francigena con l’avvento del dominio dei Franchi al posto dei Longobardi. Tale denominazione, che indicava una “strada proveniente dalla Francia”, non si limitava solo al territorio francese, ma comprendeva anche la Valle del Reno e i Paesi Bassi. Durante quel periodo, aumentò il flusso lungo questa via che divenne la principale rotta di collegamento tra il nord e il sud dell’Europa, frequentata da mercanti, eserciti e pellegrini.

Il Pellegrinaggio

Durante il passaggio tra il primo e il secondo millennio, il fenomeno del pellegrinaggio crebbe in importanza. Gerusalemme, Santiago de Compostella e Roma erano le destinazioni sacre del Cristianesimo, e la Via Francigena rappresentava il punto cruciale delle principali rotte di fede. I pellegrini provenienti dal nord percorrevano questa strada verso Roma per poi continuare lungo la Via Appia fino ai porti della Puglia, da dove partivano per la Terra Santa. Al contrario, i pellegrini italiani diretti a Santiago viaggiavano verso nord lungo la Via Francigena fino a Luni, dove prendevano le navi verso i porti francesi, oppure continuavano verso il Moncenisio per poi unirsi alla Via Tolosana che li portava in Spagna. Il pellegrinaggio divenne un fenomeno di massa, valorizzando così il ruolo della Via Francigena come via di comunicazione essenziale per la costruzione dell’unità culturale che caratterizzava l’Europa medievale.

Itinerari

Grazie all’importante contributo dei diari di viaggio, in particolare degli appunti lasciati da un celebre pellegrino di nome Sigerico, possiamo tracciare con precisione l’antico itinerario della Francigena. Nel 990, dopo essere stato nominato Arcivescovo di Canterbury da Papa Giovanni XV, Sigerico registrò scrupolosamente su due pagine manoscritte le 80 tappe in cui si era fermato per la notte. Ancora oggi il diario di Sigerico è considerato la fonte più autorevole per seguire il percorso, tanto che spesso ci si riferisce alla “Via Francigena secondo l’itinerario di Sigerico” per indicare la versione più fedele e accurata della strada.

La crescita e il declino della Via Francigena

Sono stati influenzati dall’incremento dell’utilizzo della strada come via commerciale principale, il che ha portato a un notevole sviluppo di molti centri lungo il percorso. Inizialmente strategica per il trasporto di merci orientali verso i mercati del nord Europa e lo scambio con prodotti tessili dai Paesi Bassi nelle fiere della Champagne, nel XIII secolo la Via Francigena ha visto un aumento così significativo dei traffici commerciali da generare molteplici percorsi alternativi, perdendo così la sua unicità e frammentandosi in diversi itinerari che collegano il nord con Roma. Questo cambiamento ha portato ad un nuovo nome, “Romea”, indicando non solo l’origine ma anche la destinazione della strada. Inoltre, con l’ascesa di Firenze e dei centri nella Valle dell’Arno, i percorsi si sono spostati verso Est, con la direttrice Bologna-Firenze che ha ridotto il Passo della Cisa a una funzione locale, segnando la fine dell’antico percorso.

LA STORIA DELLA VIA FRANCIGENA NEL SUD

Nell’Europa medievale, i percorsi di viaggio svolgevano un ruolo cruciale fino all’avvento delle ferrovie nel XIX secolo. Santiago, Roma e Gerusalemme rappresentavano dei punti centrali in una complessa rete stradale che collegava città, mercati e porti. La Via Francigena andrebbe considerata come un “asse attrezzato” che attraversava il continente anziché un semplice itinerario lineare da Canterbury a Roma. Molti pellegrini, per esempio, proseguivano verso sud lungo vie come la Via Appia, la Latina-Casilina e l’Appia Traiana, diretti verso il Sepolcro di Cristo o la grotta dell’arcangelo Michele sul Gargano. Le città costiere della Puglia, inoltre, erano cruciali come punti di imbarco verso la Terra Santa per pellegrini, eserciti e mercanti, godendo di un periodo di splendore grazie al loro transito.
A partire dal XIII secolo, il pellegrinaggio via mare divenne popolare, con rotte che passavano per il porto di Messina lungo il Tirreno e successivamente lungo l’Adriatico, il “Mare dei Veneziani”, che detenevano il monopolio del trasporto di pellegrini verso la Terra Santa fino al XV secolo.

Le strade tra arte e fede

I pellegrini che percorrevano la Via Francigena avevano destini diversi ma un obiettivo comune: il “pasagiumultramarinum”, il percorso misto terrestre e marittimo alla Terra Santa, a Gerusalemme. Coloro che partivano da Roma potevano scegliere tra vari percorsi che si incontravano nei nodi cruciali di Capua e Benevento. L’Appia Traiana era la via più frequentata che portava ai porti pugliesi come Siponto, Bari, Egnazia, Brindisi, Otranto, considerata la “finis italiae”. Lungo il viaggio, i pellegrini potevano ammirare monumenti indimenticabili come l’Arco di Traiano a Benevento, la Cattedrale di Troia, la Cattedrale di Siponto con influenze orientali e i mosaici della Cattedrale di Otranto che narravano la storia del mondo, offrendo un’ondata di bellezza in cambio dei sacrifici del viaggio.

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I pellegrini spesso si allontanavano dalla rotta principale per dirigere verso nord e raggiungere il Monte Gargano attraverso una scalinata scavata nella roccia fino al santuario di San Michele. Qui chiedevano la protezione dell’Arcangelo Michele per il difficile viaggio verso il sepolcro di Cristo. La devozione al Santo, che si narra sia apparso tre volte tra il 490 e il 493, si basa su antiche tradizioni pagane, che includono elementi come l’acqua, la grotta e il bosco nelle sue manifestazioni. Questi elementi rendono l’ambiente del Gargano il luogo perfetto per il Santuario.

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