2 Settembre 2021// by Elio Di Bella Link al sito web di origine
Nel nostro paese tutti i rappresentanti del lavoro hanno ognuno una loro secolare tradizione, che diventa poi tradizione generale.
Leggende che si tramandano da padre in figlio, che svelano l’affascinante fantasia infiammata di vita della nostra gente, la passione interna che ognuno agita e spinge sempre innanzi, la forza interiore del nostro popolo come un particolare aspetto di tutta la razza siciliana, la capacità artistica e creativa del nostro spirito, che in parte attingendo alla vita di ogni giorno, sa richiamare su una trama reale, una arcadica poesia di sogno, di fiaba, gioia, di dolore, ma soprattutto disperante di felicità.
Ai “Maccalube” , dove esiste una zona di terreno vulcanico che ad intervalli di tempo si accende e che il gas di metano fa rivoltare, la fantasia popolare ha creato una città sotterranea di nome “Cartagena”, sprofondata molti secoli addietro, che ogni sette anni di notte riappare: chi avesse la fortuna di vederla, diventerebbe ricchissimo, poiché colà vi sono tesori immensi.
Un altro tesoro, un po’ differente, per il popolo esiste alla “Fontanazza”
a Fontanazza sono stati trovati importantissimi cocci di vasi antichi in terracotta ed in smalto, varie monete di diversi periodi avanti Cristo, dei muli netti di tipo romano, due tipi di muratura, una a malta è una rustico, un molare di animale preistorico, e tante altre cose, di molta importanza per l’archeologia e per la soprintendenza alle antichità.
E non potrebbe essere veramente un tesoro l’esistenza di una signorile villa suburbana come asseriscono persone autorevoli? Sarebbe certo una immensa ricchezza artistica l’esistenza, come sembra probabile, di questa villa.
Tanti altri sono i posti che forniscono al popolo per intrecciare candide tradizioni, che sono la delizia dei nostri bambini, la storia leggendaria la letteratura del nostro paese.
Canti che si tramandano che col tempo subiscono delle variazioni nel contenuto, sono anche l’elemento artistico e poetico di questa gente d’anima primitiva e sincera.
Di certi motivi non restano le parole, perché il nuovo ambiente, che sembra hanno determinato, ha necessariamente richiesto l’evoluzione del contenuto.
Canti d’amore
Ancora per le campagne sentiamo, nella fantasmagoria della luce stellare, nelle calme notti d’estate, quei canti d’amore intonati dai contadini costretti alla veglia dal lavoro, o nei tardi pomeriggi, per le trazzere.
Vengono intonate dai villici che tornano a casa dalla campagna quelle caratteristiche stornellate amorose, che hanno un sapore misto di orientale, di gitano ed di nostrale.
I contenuti sono prevalentemente d’amore, espressi in modo da far pensare ad un poeta completo nella sua arte.
Vogliamo citare “tormento”, di tale Raon d’Aragona, che inizia: “tegnu l’amanti di nomu Rusidda – ca di li donni beddi è la cchiuù bedda – la notti e lu jornu cuntrasta cu idda – tantu geniu mi fa sta picciuttedda…” Quindi continua paragonando, in una sequela di rime da assonanze, specialità artistica della nostra poesia, la sua donna ad una stella, dimostrando il proprio dispiacere quando lei è assente…- quannu ci passu e nun ci viu a idda – quantu pari scurusa sta vanedda “.
In seguito poi dice: “quannu mi guarda sta rosa virmiglia – comu la cira lu cori si squaglia”, ecc. Poi “la pensu notti e iornu spasimannu – l’arma e lu cori mè nenti cchiù vonnu – ca stringila e vasalla tuttu l’annu”. Quindi per dimostrare quale grande tormendo questa donna sia per lui, dice che solo “la Vergini e lu Signuruzzu” lo sanno, ma che tuttavia “sta cruci granni cuntentu l’abbrazzu”.
Tante altre sono le poesie che, o per tradizione si tramandano o si fanno per un fatto strepitoso come l’arresto di un bandito, l’assassinio per onore, il suicidio per amore, un furto allarmante e difficile scoprirsi, eccetera.
In genere però, questi tipi di poesia contemplano due personaggi che rappresentano la vittima, che poi trionfa, il bene dell’onestà, e l’oppressore, il male che poi viene vinto.
Alcune di queste hanno poi un carattere satirico burlesco. A queste ultime, si possono riallacciare, per carattere satirico e epigrammatico certi canti speciali che hanno origini quantomai interessanti.
Intendo parlare di quei canti che maggiormente negli anni passati contribuirono a far avere per il “mandorlo in fiore” sempre la vittoria al nostro paese. Tanto che la Rai ha voluta inviare una sua macchina per inciderne alcuni.
Di questi canti, negli ultimi periodi, si impadronirono nel fecero quasi un monopolio “lu gruppu di li compari Ragunisi” che sono stati fino ad ora gli artefici degli originalissimi carri della vittoria locale.
I canti degli spaccatori di cristalli di gesso
“E nanini nani hola” è il ritornello predominante cantato dal coro. A questi canti, diedero origine “li jssara” cioè gli spaccatori di cristallo di gesso.
I dirigenti di tale industria, molto fiorente dalle nostre parti, assoldavano molti di questi spaccatori, ed affinché il lavoro procedesse ordinato e con un medesimo ritmo, li disponevano a gruppi, il capo dei quali “capo mastro” o sorveglianti, ripeteva cantando il motivo “e nanini nani”, al quale rispondevano “holla” gli operai, battendo le mazze di ferro sui cristalli di gesso che erano stati colti.
Da questo lontanissimo motivo, nacquero i canti di oggi, intesi a criticare qualcuno qualche cosa. Quando la moda accorciò le gonne, nacque “”Li picciutteddi d’ora – ca usano la modaa – li falliteddi curti – e gammi di fora” “e nanini nani holla”, ecc. Poi “ li picciutteddi dora – su comu la scalora – veni lu ventu e vola – si vonnu maritari”.
Anche contro persone realmente esistenti, si dirigevano e si dirigono questi epigrammi, ad esempio “Calojeru Fanara – misurami lu vinu – misuramillu bonu – sennò t’ammaccu u schinu”.
E questo stesso Fanara, senza minimamente preoccuparsi di ciò, come se l’argomento non lo riguardasse, suole accompagnare con la chitarra coloro che si dilettano con questi epigrammi.
Francesco Rizzo